Alla fine del I a.C. gli eredi di Gaio Cestio Epulone gli fecero erigere, in 330 giorni (come ricordato nelle iscrizioni sulle facciate) un monumento funerario a forma di piramide, secondo un gusto esotico che a Roma si diffuse dopo la conquista dell’Egitto (31.a.c.). Il defunto si può identificare con il pretore del 44 a.C. La Piramide, posta sulla Via Ostiense, inserita in un recinto in blocchi di tufo, ancora visibile, sorge su un basamento quadrato in opera cementizia, rivestito di blocchi di travertino, di m. 29,50 di lato, mentre la parte in elevato analogamente in conglomerato cementizio ha un’altezza di m. 36,40 ed è rivestita in lastre di marmo bianco. Sul fronte ovest due basi per le statue bronzee del defunto: come riportato nelle iscrizioni vennero fatte con i soldi ricavati dalla vendita di arazzi che non potevano essere posti all’interno della cella per una legge suntuaria promulgata da Agrippa, genero di Augusto, nel 18 a.C., che vietava il lusso nelle tombe. La cella interna, accessibile da un corridoio ricavato in epoca moderna sul lato ovest misura m. 4 x 5,80 e doveva contenere l’urna del defunto, andata dispersa. Le pareti della cella, con volte a botte, hanno un paramento in opera laterizia (uno dei primi esempi in Roma di questa tecnica muraria) rivestito di intonaco. Gli affreschi sull’intonaco delle pareti consistono in riquadri monocromi a fondo bianco divisi da candelabri, al centro dei quali vi sono 4 figure femminili, stanti o sedute, alternate a vasi di vario tipo (c.d. “terzo stile pompeiano”). Sulla volta 4 Vittorie alate ed al centro forse il ritratto del defunto, sulla parete di fondo la nicchia per collocare probabilmente l’urna. La cella venne depredata in età medievale attraverso l’apertura di un cunicolo, visibile in uno degli angoli della piramide. Nel III d.C. la Piramide venne inclusa nelle Mura Aureliane e nel medioevo era conosciuta come Meta Remi per associazione ad un monumento simile nel rione Borgo, noto come Meta Romuli.
Nei primi anni del 1600 Antonio Bosio visitò a sua volta la Piramide penetrandovi attraverso il cunicolo scavato in età medievale. I primi scavi per riportare alla luce tutto l’edificio risalgono al 1663, per volontà di Alessandro VII, a quest’epoca risale l’ingresso attuale alla cella funeraria. Negli anni la Piramide fu visitata in diverse occasioni dato il gran numero di iscrizioni e firme presenti sugli affreschi delle pareti e della volta.
L’attuale sistemazione con il giardino antistante risale agli anni ’50 del secolo scorso.
Il restauro della cella sepolcrale è stato realizzato dalla Soprintendenza Archeologica di Roma, Ministero per i Beni e le Attività Culturali, nel 2001; annualmente restauratori specializzati provvedono alla manutenzione programmata delle superfici affrescate. E’ in corso il restauro dei prospetti esterni.

La Piramide di Gaio Cestio costituisce attualmente l’unico monumento superstite di una serie presente a Roma nel  I sec. a.C. Dopo la conquista definitiva dell’Egitto nel 30 a.C., infatti, si sviluppò a Roma un nuovo gusto, dal sapore orientale, che influenzò tra gli altri campi, anche quello dell’edilizia funeraria.
Mentre gli altri mausolei sono andati completamente distrutti, la Piramide Cestia deve la sua fortuna al fatto di essere stata inglobata nella cinta muraria costruita tra il 272 e il 279 su iniziativa dell’imperatore Aureliano e ancora oggi esistente.Il periodo di costruzione della Piramide deve porsi probabilmente tra il 18 e il 12 a.C., cioè tra l’anno in cui fu promulgata la legge contro l’ostentazione del lusso che impedì di porre all’interno della cella alcuni preziosi arazzi, e quello della morte di Agrippa, genero di Augusto, menzionato tra i beneficiari del testamento di Gaio Cestio.

La Piramide fu “esplorata” in diverse occasioni: nel medioevo fu probabilmente violata per la prima volta penetrando all’interno attraverso un cunicolo scavato sul lato settentrionale; in questa occasione con molta probabilità scavarono l’intradosso della volta alla ricerca di altri ambienti nascosti nel nucleo al di sopra della camera sepolcrale. Nei primi anni del 1600 Antonio Bosio visitò a sua volta la Piramide penetrandovi attraverso il cunicolo scavato in epoca precedente. Nel 1663 la Piramide fu oggetto di scavi e di un restauro generale, durante il quale fu riportata alla luce la parte bassa dell’edificio che era ancora interrata e furono rinvenute le due colonne oggi visibili all’esterno. Negli anni, comunque, fu visitata in diverse occasioni dato il gran numero di iscrizioni e firme presenti sugli affreschi delle pareti e della volta, nonché venne operato il “saccheggio” della probabile urna cineraria, andata perduta, oltre a porzioni notevoli di superfici decorate.

La costruzione veloce e la mancanza di cuciture, mediante diatoni, del rivestimento marmoreo ha causato le evidenti deformazioni delle superfici sui quattro lati del monumento.
Le pareti dell’ambiente interno sono decorate a fresco secondo uno schema decorativo a pannelli, separati da fasce verticali con candelabre, all’interno dei quali si distinguono su fondo chiaro , figure di giovani offerenti (forse addette al culto dell’Imperatore cui anche Gaio Cestio partecipava) alternate a vasi lustrali ( in parte oggetto di antichi “saccheggi” ).
Il restauro della cella sepolcrale è stato realizzato dalla Soprintendenza Archeologica di Roma, Ministero per i Beni e le Attività Culturali, nel 2001; annualmente restauratori specializzati provvedono alla manutenzione programmata delle superfici affrescate.
L’ equilibrio fisico chimico dell’interno risente fortemente della percolazione d’acqua che i prospetti non restaurati contribuiscono ad alimentare. Il restauro conservativo realizzato nella parete Ovest, verso il cimitero Acattolico, ha confermato che, l’accurata stuccatura, chiusura, risarcitura delle lesioni e delle mancanze già limita notevolmente la penetrazione dell’acqua all’interno del monumento.
Il masso in conglomerato cementizio della Piramide è ricoperto da una parete in blocchi squadrati di marmo lunense solo appoggiata al nucleo strutturale: la mancanza di cuciture ha pertanto nel tempo determinato le forti deformazioni dell’apparato lapideo; tali deformazioni, che potrebbero causare locali espulsioni di materiali, sono state rilevate dall’arch. Marco Genesio Pelletti nel 1997/8 e sono in larga misura attribuibili a terremoti, fulmini, vegetazione ruderale e danneggiamenti antropici.
Sempre nel 1999 si è eseguito il restauro della parete esterna occidentale rivolta verso il Cimitero Acattolico, al centro della quale è posizionato l’ingresso del sepolcro: l’intervento ha limitato la percolazione interna dell’acqua, almeno nella porzione del sepolcro corrispondente al lato restaurato, dimostrando che è indispensabile restaurare tutte le facciate esterne anche a protezione dell’interno.
Si dovrà pertanto proseguire il restauro sui tre prospetti rimanenti ed intervenire anche sulla prima parete restaurata dove, dopo nove anni dall’intervento, è riemerso un fenomeno evidente di attacco organico.
Le superfici esterne in marmo lunense sono state nel tempo abrase con interventi molto invasivi secondo quanto riportato nei documenti d’archivio; oggi gli attacchi organici sono estesi sulle superfici marmoree e sono più o meno diffusi, a seconda dell’orientamento dei diversi prospetti. 

 

Testo a cura di Maria Grazia Filetici, Antonella Rotondi

 

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