All'inizio del II a.C., dovendo impiantare una nuova area portuale e commerciale nella piana di Testaccio, si realizzarono alcune imponenti opere pubbliche cui si legano i nomi di importanti gentes patrizie, tra cui la gens Aemilia. Nel 193 a.C. gli edili curuli Marco Emilio Lepido e Lucio Emilio Paolo iniziarono la costruzione di un nuovo porto (Emporium) e di un retrostante edificio, tradizionalmente considerato un magazzino per lo stoccaggio delle merci, la Porticus Aemilia. La sua costruzione venne ultimata nel 174 a.C. dai censori Quinto Fulvio Flacco e Aulo Postumio Albino. L'edificio misurava 487 x 60 m ed era compreso tra le attuali vie Franklin, Mormorata, Branca e Vespucci. Lo spazio era suddiviso in 50 navate larghe 8,30 m ciascuna, coperte da volte a botte e digradanti verso il Tevere. Il pavimento era in terra battuta e l'alzato in opera incerta di tufo, risalente probabilmente all'intervento edilizio del 174 a.C. Si tratta di uno dei più antichi casi di impiego di questa tecnica costruttiva. .

Dalla metà del I d.C., e in particolare in età traianea (98 - 117 d.C.), furono realizzati interventi di restauro in opera mista di laterizi e blocchetti di tufo, connessi probabilmente alla necessità di rendere più funzionali le grandi navate, suddividendole in vani più piccoli. Una recente ipotesi, basata su considerazioni di natura epigrafica, topografica e costruttiva e su alcuni confronti greci di età ellenistica, identifica l'edificio con le antiche darsene militari sul Tevere (navalia), successivamente rifunzionalizzate e adibite allo stoccaggio delle merci. I resti monumentali della c.d. Porticus Aemilia hanno caratterizzato nei secoli, insieme al Monte Testaccio e alle Mura Aureliane, il paesaggio della pianura subaventina e sono in una buona parte ancora riconoscibili lungo le vie Florio, Branca, Rubattino e Vespucci.

 

(A. Contino)

 

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