Il Campo Testaccio si inaugurò il 3 novembre del 1929, due anni dopo la nascita  dell’A.S. Roma, in seguito alla richiesta del presidente Italo Foschi al Governatore di Roma affinché la squadra avesse un proprio campo. Fu concessa per venti anni un’area tra via Zabaglia e via Caio Cestio che faceva parte del “magazzino dei selci” e fronteggiava il Monte dei Cocci e il cimitero acattolico, dove anticamente erano i “prati del popolo romano”, rinvenuti nei recenti scavi del 2010. Il Campo Testaccio, al cui progetto partecipò l’Ing. Silvio Sensi, padre di Franco, fu costruito sul modello degli stadi inglesi, con quattro tribune indipendenti intorno al terreno di gioco, quasi totalmente realizzate in legno e verniciate con i colori della squadra, per una capienza di 20000 spettatori. La tribuna principale, disposta sul lato lungo del campo verso via Zabaglia e la tribuna dei distinti, collocata di fronte a questa, erano provviste di pali di sostegno con “misuratori di affollamento”: frecce che scorrevano verso il basso indicando la capienza raggiunta.

Le tribune popolari, disposte dietro le porte di gioco, erano in legno su basamento in muratura. Vi erano tra queste e il campo due parterre inclinati. Le strutture subirono un rapido declino. Già nel 1937-38 le fatiscenti tribune in legno dei distinti e dei popolari furono abbattute e sostituite rispettivamente da una in cemento e da due terrapieni, che ridussero la capienza dello stadio. Nel 1936 il Governatore Bottai revocò la concessione, poiché il Piano Regolatore prevedeva la realizzazione nell’area del Parco Cestio. Nel 1940, l’anno precedente al primo scudetto (1941-1942), venne definitivamente demolito l’impianto, dove la Roma aveva disputato 214 partite e la squadra si trasferì all’attuale Stadio Flaminio. Il Campo Testaccio rimase sempre caro alla memoria dei tifosi e del rione, da cui prendeva il nome. Nel 2000 il Campo Testaccio è rinato, ospitando oggi il “Testaccio Calcio”, che ebbe il primo campo, dal 1968, nell’area del Nuovo Mercato di Testaccio, davanti all’ex-mattatoio.

 

(A. Contino)

Foto