I due edifici realizzati da I. Sabbatini lungo la via Marmorata testimoniano una nuova fase edilizia che investì il rione Testaccio attorno al 1930. Essi erano in realtà inseriti in un progetto di più ampio respiro, mai ultimato, che prevedeva la costruzione di otto caseggiati. La differenza di livello costruttivo con i precedenti edifici testaccini, immediatamente evidente, si giustifica con la diversa destinazione degli immobili. Si tratta infatti non di alloggi popolari ma di appartamenti a riscatto destinati al ceto impiegatizio e professionale, più agiato. Il progettista, Innocenzo Sabbatini, lavorò per molti anni presso l’Istituto delle Case Popolari e prima di questi realizzò diversi caseggiati in altri quartieri popolari romani, tra cui la vicina Garbatella. I due edifici del Testaccio sono impostati su un impianto compositivo di ascendenza classica, caro all’architetto. La struttura si organizza su un basamento sviluppato su due piani e inquadrato da ordini di colonne, seguito da un corpo centrale di tre piani e da un attico sormontato da timpani. L’attico, destinato agli ateliers d’artista, presenta eleganti ed ampie vetrate.
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Si intendeva, attraverso la contaminazione tra ceto impiegatizio ed intellettuali, favorire l’elevazione culturale della classe media tramite il contatto “fisico” con l’opera e la vita degli artisti.
(A Contino) |