L’arco, realizzato in opera cementizia con cortina in laterizi e definito da una doppia ghiera di bipedali (mattoni quadrati di circa 59 cm di lato), è ubicato lungo la via Marmorata, che corrisponde grosso modo al tracciato della via Ostiensis, antica arteria di collegamento del Porto Tiberino con Ostia. Data la vicinanza all’Emporium, si è pensato che il fornice, monumentalizzato in epoca altomedievale, facesse in origine parte degli antichi edifici connessi al porto fluviale e svolgesse in particolare una funzione di collegamento tra i complessi residenziali della pendice meridionale dell’Aventino e la piana del Testaccio.
Nel Medioevo l’arco, detto “di Orazio Coclite” per la vicinanza con il ponte che la tradizione identificava con il Sublicio e legato alle gesta del leggendario eroe romano, divenne un punto di transito per i pellegrini che si recavano alla basilica di San Paolo f.l.m.

Fu inoltre inserito nel percorso delle sacre rappresentazioni che, allestite in occasione della Settimana Santa, partivano da via della Bocca della Verità per concludersi sul Monte Testaccio identificato con il Calvario.L’arco prese in seguito il nome “di San Lazzaro” da una piccola chiesa dedicata al santo protettore dei lebbrosi, costruita nel XV secolo di fianco al fornice, nella quale si raccoglievano le offerte per il sostentamento del lazzaretto sorto fuori Porta Angelica, alle pendici di Monte Mario. La chiesa era ancora attiva alla fine del Settecento, com’è attestato dalla sua presenza nell’elenco delle parrocchie che correda la pianta di Roma di Antonio Barbey (1798).
Sulla base di documenti archivistici del Cinquecento, Rodolfo Lanciani identificò il fornice con il cosiddetto “arco delle Sette Vespe” o “arco dei Vespilloni”, il cui nome derivava forse dalle decorazioni - non conservate - poste sull’arco.

 

(C. Giobbe)

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